Il principio di non-respingimento, conosciuto a livello internazionale come non-refoulement, è un principio fondamentale del diritto internazionale che vieta al paese che riceve richiedenti asilo di rimandarli in un paese in cui sarebbero in probabile pericolo di essere perseguitati per "razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o opinione politica”.[1] A differenza dell'asilo politico, che si applica a coloro che possono dimostrare un fondato timore di persecuzione verso determinate categorie di persone, il non-respingimento si riferisce al generico rimpatrio di persone, compresi i rifugiati di zone di guerra e altri luoghi di calamità. È un principio del diritto internazionale consuetudinario, in quanto si applica anche agli Stati che non sono parte della Convenzione del 1951 relativa allo statuto dei rifugiati o del suo Protocollo del 1967.[2] È anche un principio del diritto dei trattati.
È discusso se il non-respingimento sia uno ius cogens del diritto internazionale.[3][4] In tal caso, il diritto internazionale non consentirebbe limitazioni per alcuno scopo o in nessuna circostanza. Il dibattito su questo argomento è stato riacceso in seguito agli attentati dell'11 settembre 2001 negli Stati Uniti e ad altri attacchi terroristici in Europa.[5]
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